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Lo Psicologo nei contesti di esecuzione della pena

La figura dello psicologo penitenziario è nata con la legge di riforma dell’Ordinamento Penitenziario del luglio 1975 (L. 354/75), la quale ha sancito il passaggio da un modello retribuzionista della pena a un modello rieducativo, che persegue come finalità il reinserimento sociale del reo. Il lavoro all’interno del contesto carcere è tuttavia caratterizzato da specificità che, tendenzialmente, non vengono affrontate e trattate all’interno del percorso universitario canonico. I compiti che devono essere svolti rispondono alle particolari esigenze dell’ambiente in cui ci si trova ad operare e sono determinati dalle precipue caratteristiche della popolazione penitenziaria (come l’elevata numerosità di soggetti stranieri ed i molteplici disagi psichici), oltre che dalla specificità della domanda posta allo psicologo che si articola sia rispetto all’istituzione, sia rispetto all’utente recluso. Per tali ragioni risulta opportuna una specifica formazione del professionista psicologo, chiamato a declinare strumenti e tecniche che caratterizzano il proprio lavoro alle peculiarità del contesto. RELATRICE: Emanuela Saita, psicologa, PhD, è professore ordinario di Psicologia dinamica nella facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È Direttore del Master di II livello in Psicologia penitenziaria e profili criminologici (II edizione), svolto in convenzione con il Provveditorato Regionale della Lombardia. Referente di consiglio: Chiara Ratto Referente esterno: Shara Diez